Ca’ Dario: Casa Maledetta o solo Vecchia Puttana

Ovvero: è fondata la maledizione che graverebbe su Ca’ Dario e che causerebbe a tutti i suoi proprietari o a chi vi soggiorna un destino terribile fatto di bancherotte, suicidi, assassini o morti per “strane” cause accidentali??

Oppure è stata solo la fantasia dei veneziani a costruire la fama di casa maledetta e quindi, in realtà, l’unica reputazione che le si può attribuire è quella di “vecchia cortigiana” riportata da Gabriele D’annunzio in “Il Fuoco” che così descriveva Ca’ Dario:

Lo strepito di un’acclamazione sorse dal traghetto di

San Gregorio, echeggiò pel Canal Grande

Ripercotendosi nei dischi preziosi di porfido e

Serpentino che ingemmano la casa di Dario inclinata

Come una cortigiana decrepita sotto la pompa dei suoi monili

1860 - Foto Carlo Naya -Ca' Dario

Il Vate vi abitò, quasi di fronte, nella sua magnifica casetta rossa (che fu fra l’altro anche studio del Canova) sul Canal Grande dal 1915 al 1918.

È bizzarro però che Ca’ Dario susciti più interesse per la storia delle presunte vittime della maledizione piuttosto che dalla sua eccentrica bellezza!

Ca' Dario oggi

Ma la curiosità sulla “casa che uccide “e la sua maledizione prevale!

Fiumi di inchiostro in racconti, articoli di giornali, blog e siti internet che affrontano il tema, intrecciano fatti storici veri e documentati a quelli falsi, o non documentati, derivanti da fantasie o leggende.

È per questo che mi sono messo in testa di fare un po’ di chiarezza!

Il Palazzo è stranamente, ma visibilmente, inclinato per un cedimento delle fondamenta; la facciata asimmetrica, che si specchia nel Canal Grande, è una delle prime e più eleganti manifestazioni del Rinascimento a Venezia. Appena lunga circa 10 metri…meno di una gondola che ne misura circa 11!

Non sembra un’opera architettonica ma un dipinto: ottanta cerchi di pietre e marmi policromi incastonati nella Pietra d’Istria;

Si sviluppa in tre piani oltre al piano terra, ma solo passandovi vicino in barca o con il vaporetto, si distingue, al piano terra, la scritta “URBIS GENIO JOANNES DARIUS” (Giovanni Dario al genio della città).

Il corpo del palazzo, che si può osservare dal campiello Barbaro nel rio delle Toresele, è costruito in stile gotico fiorito, molto diffuso a Venezia, e dove si possono ammirare i camini, in tipico stile veneziano, che sono fra i pochi esemplari originali dell’epoca sopravvissuti fino ad oggi.

Potreste inoltre notare una bella “Altana”, tipica struttura veneziana che emerge in una infinità di tetti in tutta la città.

Ca' Dario visto dal campiello Barbaro con il rio dele Toresele

Palazzo Dario fu costruito per volere di Giovanni Dario che commissionò l’opera all’architetto Pietro Lombardo nel 1479; non un patrizio, come molte volte erroneamente additato, ma un borghese di origine per alcuni dalmati, per altri originario di Candia (Creta). Svolse importanti mansioni per la Repubblica di Venezia: mercante, notaio della cancelleria ducale, segretario del Doge ma specialmente si distinse come diplomatico.

In questa veste riuscì a negoziare, nel 1479, un accordo di pace con il turco, il Sultano Maometto II detto il conquistatore, dopo venti anni di guerra. Sacrificò il possesso della fertilissima isola di Negroponte (Eubea) ma la pace portò ad uno sviluppo e consolidamento degli scambi commerciali fra i due popoli.

Questo straordinario successo diplomatico gli fece guadagnare l’appellativo di “Salvatore della Patria” con un compenso, da parte della Serenissima, talmente elevato da permettergli la costruzione di un palazzo nel Canal Grande, di solito riservato solo ai patrizi. Sembra inoltre che i fatti spinsero Maometto II a farsi ritrarre da Gentile Bellini in un quadro passato alla storia.

Il palazzo era la dote di sua figlia Marietta che andò in sposa al patrizio Vicenzo Barbaro nel 1493. Concordo nella interpretazione che alcuni autori danno, del fatto che lui, popolano, con la figlia in procinto di sposare un patrizio, abbia voluto mettere in risalto il proprio nome (la scritta posta al primo piano: Urbis Genio Ioannes Darius) sulla vetrina più nobile e prestigiosa della capitale della Serenissima, il Canal Grande, per affermare a tutti i veneziani: “non sono un patrizio, ma merito di esserci almeno quanto loro, forse più di loro!”

La scritta "VRBIS GENIO IOANNES DARIVS" incisa al piano terra di Ca' Dario
Ritratto del sultano Maometto II conservato alla National Gallery di Londra di Gentile Bellini nel 1480 durante la sua permanenza presso la corte ottomana

Molti autori su testi e siti internet fanno sposare Marietta a un Giacomo; niente di più errato: ci fu un Giacomo padre di Vincenzo e, come scriveremo, un Giacomo figlio di Vincenzo e Marietta.

È da questo matrimonio, quello della figlia con Vincenzo Barbaro, che incomincia la presunta maledizione sul palazzo.

L’anatema avrebbe colpito prima Vincenzo Barbaro, commerciante di spezie, che andò in rovina; travolto dai debiti fu trovato morto in una calle accoltellato dai sui creditori che rimasero impuniti. Poi colpì Marietta che nata nel 1493, morì a soli 32 anni, chi dice di crepacuore chi dice che si lasciò morire per depressione, altri che si suicidò non potendo sopportare l’umiliazione di aver perso tutto o con l’arsenico oppure  gettandosi nel Canal Grande!

Tragica fine anche per il loro figlio secondogenito Giacomo, che morì nel 1542 in un agguato a Candia nell’isola di Creta.

Di un altro Giacomo, pronipote e procuratore di Candia, la vox populi narra invece del suo assassinio a Candia mentre ne era governatore. 

Queste morti, e quelle che descriveremo in seguito, fecero scalpore fra i veneziani, che incominciarono a fare congettura su una maledizione.

Si ipotizzò che Ca’ Dario sia sorta su un ex cimitero di templari, indicando in questo la causa del cedimento strutturale che la rende pendente a destra e, soprattutto, dei fantasmi da cui Christopher Lambert, il produttore musicale degli Who, diceva di esser talmente tormentato da preferire, il più delle volte, dormire nel chiosco dei gondolieri di Santa Maria del Giglio.

Inoltre molti studiosi del paranormale affermano con convinzione che la ragione di tante sciagure stia nell’energia negativa connessa all’acqua su cui poggia e che l’iscrizione posta sulla facciata, VRBIS GENIO IOANNES DARIVS sia l’origine di una terribile maledizione, perché anagrammando diventa: SVB RVINA INSIDIOSA GENERO (in latino, “Io genero sotto una insidiosa rovina” ovvero “genero insidiose rovine a chi abita sotto questo tetto”).

Ca’ Dario rappresenta per chi ci crede, un luogo da cui stare alla larga. Per loro non è un caso che tutte le persone nel corso dei secoli che hanno avuto a che fare con il palazzo di Ca’ Dario abbiano avuto come minimo qualche “evento strano “, mentre altre siano state brutalmente uccise per cause ancora ignote o che siano state spinte al suicidio!

Ma rivediamo nuovamente i fatti raccontati sopra da un punto di vista della storia!

Ca' Dario affacciata nel Canal Grande mentre passa un sandolo

Di sicuro la maledizione, se ci fosse, non ha colpito chi ha dato il nome al Palazzo: Giovanni Dario morì nel 1494 alla venerandissima età di 80 anni!

Riuscì a far sposare sua figlia Marietta con il patrizio Vincenzo Barbaro, figlio di Giacomo, nel 1493 che in effetti morì accoltellato ma non si conoscono le cause.

Marietta ebbe tre figli: Gasparo 1496-1514, Giacomo 1501-1542 e Giovanni 1502-1582; in realtà non ci sono prove che la fine di Marietta avvenuta a 32 anni, sia stata violenta.

Alla sua morte nel suo testamento si specifica che la casa posta nella contrada di San Vio (Ca’ Dario), dovesse rimanere ai suoi figli maschi, senza che si potesse mai vendere.

Alla morte, non violenta, sia del primogenito Gasparo a soli 18 anni e successivamente di Giacomo (era purtroppo normale a quel tempo morire giovani), secondo le condizioni di decima del 1514 (la decima era una tassa sulle proprietà), la casa fu gestita dal commissario di Giovanni Dario, ancora giovane, ovvero Piero Barbaro, figlio di Giacomo, il quale aveva numerosi edifici anche a Rialto e in altre zone di Venezia.

Dalla lista dei beni non si può certo dire che il ramo fosse in miseria e che Marietta sia morta di crepacuore o suicida per la vergogna di aver perso tutto, visto gli affitti che riscuotevano! Lo stesso palazzo era stato dato in affitto a 59 ducati.  Infatti, il Marin Sanudo, nei suoi preziosissimi Diari, per l’agosto 1515, agosto 1516 e dicembre 1515, ci informa che il palazzo era usato come residenza per l’ambasciatore Turco.

Lo stemma della Famiglia Barbaro

Si dice però che sia morto in patria decapitato dal proprio regime per troppa devozione ai piaceri veneziani.

Se anche fosse vero, ma non c’è traccia, presso i mussulmani si tagliava la testa per molto meno bastava avere qualche nemico a corte!

Nel 1522 Giovanni, figlio di Marietta, che portava avanti il ramo dei Barbaro, entrò nel pieno possesso del Palazzo. Mori anche lui all’età di 80 anni, come il nonno. Per vivere in un palazzo maledetto non si può certo dire che fu “sfortunato”!

Le generazioni dei Barbaro si susseguirono fino al 1659, senza nessun delitto o mistero.

Poi, come anticipato, alcuni cominciarono a raccontare della maledizione che colpì Giacomo Barbaro procuratore di Candia, trovato assassinato. Ma andiamo a vedere come si svolsero i fatti storici.

Nel 1650, la città di Sittia in Candia (Creta), isola che faceva parte dei possedimenti veneziani, era assediata dai turchi; il Generale di Candia decise di mandare dei rinforzi alla città di Sittia. Furono scelti: il provveditore Giacomo Barbaro, il cavaliere Giorgio Corner e Marin Badoer. Quando l’esercito arrivò nei pressi della città cadde in una imboscata. La cavalleria riuscì a entrare a Sittia e salvarsi mentre la fanteria venne massacrata. Tra i morti vi era sia il Badoer che Giacomo Barbaro. Nulla di collegabile alla maledizione se consideriamo le centinaia di morti che la guerra faceva ogni giorno.

Ma proseguiamo nella controversa questione della maledizione…

Il Palazzo rimase nelle mani della famiglia Barbaro per parecchi anni. Certo non si spiega come abbiano fatto a mantenerla, se veramente avevano subito un tracollo finanziario. La verità è che non subirono un tracollo, anzi, la famiglia Barbaro rimase per secoli una delle famiglie più ricche e influenti della Repubblica. 

Ca’ Dario venne ereditato da Alessandro Barbaro (1764-1839), membro dell’ultimo Consiglio dei Dieci della Repubblica di Venezia e Consigliere Aulico del Tribunale Supremo di Verona, che all’inizio del XIX secolo, dopo la caduta della Serenissima, lo vendette ad Arbit Abdoll, un commerciante armeno di prete preziose.

E qui si riprese a parlare di maledizioni.

Si narra che il nuovo proprietario andò subito in rovina poco dopo averne preso possesso e fu costretto a cederlo all’inglese Rawdown Brown nel 1837 per 480 sterline per poi morire subito dopo.

Però del fallimento di Arbit Abdoll e della sua veloce morte non si trova traccia in nessun documento, di certo non vi morì dentro.

Il Palazzo Dario visto dal Ramo de Ca Dario
1883 - Rawdon Brown

Proseguendo, leggenda vuole che Rawdown morisse misteriosamente assieme al suo compagno omosessuale: si parlò di un suicidio avvenuto in sala da pranzo o in camera da letto.

In realtà Rawdown Brown fece un restauro importante all’edificio su suggerimento dell’amico John Ruskin, famoso scrittore, pittore, poeta e critico d’arte inglese; spese così tanto che fu costretto a venderla nel 1842 a un conte Ungherese.

Rawdown Brown dopo aver venduto Ca’ Dario, si trasferì a palazzo Gussoni-Grimani della Vida e qui morì serenamente il 25 ottobre 1883 a 80 anni e fu seppellito al cimitero del Lido tre giorni dopo. Fece delle ottime ricerche sui documenti dell’Archivio di Stato e pubblicò anche i risultati.

Anche in questo caso si può dire che non fu certo colpito dalla maledizione.

Al conte Ungherese non successe nulla; così come al successivo proprietario un ricco irlandese, il tenente Marshall morto sicuramente nel 1860 ma anche in questo caso non morì a palazzo. Non sono riuscito nella mia ricerca  a trovare informazioni su chi fosse e sul perché fu venduta la casa, se non che lasciò il palazzo alle figlie.

Nel 1896 la proprietaria di Cà Dario divenne Marie Isabelle Victorine-Ghislaine Crombez, conosciuta anche come contessa di La Baume-Pluvinel (1858-1911) assieme alla sua amica Augustine Bulteau.

Con la contessa,  scrittrice e salinnière belga, il palazzo ebbe un periodo di grande rinascita: dopo importanti restauri, la casa divenne un importante salotto veneziano, frequentata da importanti artisti fra cui nel 1908 Claude Monet che utilizzò Ca’ Dario come soggetto per una serie di dipinti tipicamente impressionisti: tutti dalla stessa prospettiva, ma con condizioni di luce diverse, oggi nella collezione dell’Art Institute di Chicago.

Marie Isabelle Victorine-Ghislaine Crombez, conosciuta anche come contessa di La Baume-Pluvinel (1858-1911) - Wikidata
Claude Monet dipinge Ca' Dario - quadro oggi nella collezione dell’Art Institute di Chicago.

Henri de Régnier lo scrittore e poeta francese tra i fondatori del simbolismo e del verso libero, visse come ospite a Ca’ Dario tra il 1899 e il 1901.

Nel 1948 la città di Venezia gli dedicò una lapide commemorativa su un muro nel chiostro interno di Palazzo Dario:

In questa Casa Antica dei Dario 

Henri de Régnier 

venezianamente visse e scrisse

Lapide in Ca' Dario dedicata a Henri de Régnier

Malevoci dicono che dovette interrompere la sua permanenza a Venezia per mancanza di serenità, al seguito della propria moglie più volte salvata dal suicidio; in realtà qui fu colto da una terribile malattia che lo costrinse ad interrompere il soggiorno in laguna.

Morì nel 1936 lontano da Venezia e non certo nel Palazzo.

La Casetta Rossa o la Casina delle Rose dove soggiornò a Venezia - G. D'Annunzio quasi di fronte a Ca' Dario

La moglie dello scrittore francese, anch’essa scrittrice, Marie Louise Antoinette de Hèrèdia, conosciuta con lo pseudonimo di Geèrard d’Houville, racconta la vox populi, morì bruciata nel palazzo nel 1963 per un incidente o per un gesto suicidio: le sue vesti presero fuoco vicino al caminetto.

Donna di una bellezza fulgida e personalità inquieta fu amante, nel periodo veneziano, di Gabriele D’annunzio. Dopo la morte del figlio nel 1943 si ritirò dalla scena pubblica e morì sicuramente nel 1963 ma a Parigi all’età di 88 anni. Nessun incidente o suicidio!

Per la cronaca, la proprietaria di Ca’ Dario, la contessa Marie Isabelle morirà serenamente il 7 febbraio del 1911 e nessuno dei suoi ospiti venne “colpito” dalla maledizione.

Dopo la contessa, Ca ‘ Dario appartenne a un marchese del quale si ignorano le generalità.

Nel dopoguerra Ca’ Dario venne acquistato da un conte miliardario americano Charles Briggs, di 58 anni, proprietario di miniere in Sud America, oltre ad alcune isole in Atlantico e terreni in Inghilterra.

Charles si trasferì a Ca’ Dario dopo essere fuggito dagli Stati Uniti, a causa della sua omosessualità che, all’epoca, in quel paese era illegale. Secondo alcune versioni, dovette fuggire da Venezia nel 1962, perché aveva creato un ulteriore scandalo con il suo orientamento sessuale. Così Charles si rifugiò in Messico, dove si suicidò. Il suo amante comprò la casa, ma anche lui perse tutto e si uccise tagliandosi le vene dei polsi e lasciando scritte che maledivano i veneziani, scritte con il sangue su uno specchio. Secondo altre versioni, invece, Charles Briggs morì proprio a Ca’ Dario, ucciso dal suo amante, il quale si tolse la vita. Secondo altre, invece, si suicidarono entrambi, sempre nella villa.

In realtà, per qualche anno, abiterà a Ca’ Dario con il suo amante, quando nel 1962 la magistratura italiana gli comunica che, pur non essendoci nel nostro Paese leggi contro l’omosessualità, risulta comunque un personaggio non gradito in Italia e viene accompagnato alla frontiera svizzera. Briggs è costretto a rimettere Ca’ Dario sul mercato. Rifugiatosi in Messico, fu colpito da un grave lutto: la morte per suicidio del suo amante.

In questo periodo fra i possibili acquirenti si fece avanti il tenore Mario Del Monaco, che però si dice che ruppe le trattative perché, mentre si stava recando a Venezia per ultimare i dettagli del contratto e sottoscriverlo, rimase vittima di un grave incidente stradale che lo costrinse a interrompere la carriera. Per alcuni le conseguenze dell’incidente lo portano alla morte. Si racconta che in ambulanza, con voce strozzata, abbia detto al segretario che era con lui: “Sbrega quele carte” (distruggi quelle carte cioè il contratto).

Niente di tutto questo: in una lettera inviata al “Il Mattino di Padova” il 23 aprile 2005, la nipote Elisabetta Del Monaco scrive che “l’acquisto di Ca’ Dario è sì stato proposto a mio nonno negli anni settanta, ma la proposta non è stata presa neppure in considerazione, proprio per le vicende che si raccontano sui proprietari di quel palazzo. Preciso, poi, che Mario del Monaco è morto molti anni dopo, nel 1982, in Ospedale a causa di un arresto cardiocircolatorio conseguito al fatto che si trovava in dialisi da cinque anni”.

1966-Mario Del Monaco con Giovanni Martinelli, a S. Marco Venezia

Charles Briggs vende il Palazzo nel 1968.

 Compra il Conte Filippo Giordano delle Lanze. Ed è l’unico che fa una brutta fine dentro il Palazzo.

Articolo sul quotidiano di Venezia sul delitto del Conte Filippo Giordano

Nel pomeriggio del 19 luglio 1970, il conte si trova in casa con un giovane marinaio, con cui aveva una relazione omossessuale, tale Raoul Biasich.

La mattina dopo il Conte viene trovato morto con la testa fracassata da un vaso d’argento o da una statuetta mai ritrovati.

Fu subito sospettato di omicidio, il marinaio jugoslavo Raoul Biasich, che durante le indagini si accerta si trovasse lì perché vorrebbe avere il passaporto con il visto per gli Usa del conte, in modo da poter cambiare vita.

Viene prima assolto, poi condannato in appello, condanna confermata in un nuovo giudizio, dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato il primo ordinando un nuovo processo.

La condanna, in contumacia, fu di 18 anni e tre milioni di lire per il risarcimento alla parte civile.

Infatti, nel frattempo il ragazzo era fuggito a Londra dove pare morì a sua volta per mano di sconosciuti.

I vari proprietari si succedono più velocemente e la leggenda della maledizione si gonfia.

Ca’ Dario passò nelle mani di Christopher Sebastian Lambert, manager del gruppo rock The Who che sia era innamorato del suo aspetto romantico e malinconico.

In questo ambiente la sua dipendenza dai farmaci si aggravò: questa provocò la rottura con la band nel 1974, un arresto per detenzione di droga e favorì il suo tracollo economico.

Pur non credendo alla maledizione del palazzo, sembra che Lambert abbia confidato ad amici che era perseguitato ai fantasmi presenti nel palazzo e per questo dormiva nel chiosco dei gondolieri del vicino Hotel Gritti.

Se vedeva fantasmi non era certo per la maledizione ma per la quantità spropositata di stupefacenti che usava.

Anche in questo caso molti affermano che si suicidò poco dopo in fallimento.

Nulla di tutto ciò; morì per emorragia a causa di un banale incidente cadendo sulle scale a casa di sua nonna il 7 aprile del 1981, secondo alcuni giornali, a causa del troppo alcol. In ogni caso, si trovava a Londra e la sua residenza veneziana l’aveva già venduta tre anni prima.

Il palazzo infatti era già passato di proprietà nel 1978 acquistato da Fabrizio Ferrari di Mestre, finanziere e latifondista, titolare della “Nuova Bavaria Assicurazioni” che vi si trasferì con la sorella Nicoletta, la quale morì in uno strano incidente stradale nel settembre 1987, le cui dinamiche non furono mai chiarite anche perché in assenza di testimoni.

Non certo a Ca’ Dario soprattutto perché a Venezia mi risulta priva di automobili.

Il palazzo viene usato come esclusiva location per feste dai vip della finanza e della politica e per eleganti ricevimenti; lo frequentano personalità come Kissinger e Andreotti, attori e uomini di finanzia.

Ma nel 1985 scoppia uno scandalo: sembra che a palazzo ci fossero dei droga-party e sembra venne anche arrestato il Ferrari con l’accusa di aver picchiato una modella.

Hotel Gritti con a sinistra il chiosco dei Gondolieri dove dormiva Christopher Sebastian Lambert

La magistratura indagò sui festini a base di droga e prostitute e vennero interrogati molti della “Venezia bene” ma alla fine, dopo ore di interrogatori, risultò che il palazzo non fu mai sede di nessun droga-party. La Casa non uccide nessuno e tutti godono ancora di ottima salute. Una bolla di sapone.

In concomitanza, si sparge la notizia di un crack finanziario che vedrebbe coinvolto sempre Ferrari Fabrizio. Falso! La Bavaria Assicurazione viene solo “ristrutturata” con successo tanto che nei primi mesi del 1985 l’assicurazione registra un incremento degli utili del 38%.

E proprio in quest’anno che viene venduto il palazzo. Il nuovo acquirente è Raul Gardini nato a Ravenna nel 1933, che l’acquista per farne dono alla figlia.

Raul Gardini è un noto imprenditore, attraversa però momenti difficili, protagonista di speculazioni finanziarie poco fortunate e di scelte imprenditoriali ancor meno azzeccate: celebre fu la sua scalata alla Montedison.

All’inizio degli anni ’90 viene indagato per tangenti nell’ambito dello scandalo di Tangentopoli.

La sera del 22 luglio 1993 Raul Gardini si spara un colpo di pistola alla testa: attorno a questa morte le circostanze non furono mai del tutto chiarite.

Ma è curioso, che è con lui che si ingigantirà e in maniera insistente e paranoica la maledizione di Ca’ Dario.

Raul Gardini nel Terrazzo di Ca' Dario nel canal Grande

Ma Raul Gardini al momento del suicidio non si trova a Ca’ Dario ma a Milano, nella sua abitazione di Piazza Belgioioso. Certo non fu il palazzo a creare la situazione per la quale Raul Gardini si suicidò; ci furono altri personaggi che nello stesso periodo di Tangentopoli preferirono farla finita piuttosto di affrontare processi e gogna mediatica.

Dicembre 1997 - Woody Allen in gondola a Venezia

Sta di fatto che nessuno volle più comprare Ca’ Dario: sembrava che la morte di Gardini scoraggiasse nuovi acquirenti al punto che la società di intermediazione che per prima aveva ricevuto il mandato per la vendita rimise l’incarico. 

Ci fu un interessamento da parte del regista e attore Woody Allen alla fine degli anni novanta.

Seppur molto tentato alla fine fu convinto di non acquistare il Palazzo; e sembra anche a seguito dell’incendio del teatro “La Fenice”, avvenuto proprio mentre si trovava a Venezia per le trattative e che lo interpretò come segnale premonitore.

Chiaramente nessuna conferma a questa circostanza.

Da registrare, per onor di cronaca, un ulteriore tragico avvenimento: nel 2002 il bassista dei Who affittò per un periodo di vacanza il Palazzo. Dopo una settimana morì di infarto.

La figlia di Gardini, Elisabetta, vende Ca’ Dario nel 2006 ad una società americana che vuole rimanere anonima per conto di un acquirente anche lui ignoto e che ha commissionato gli attuali restauri.

In conclusione, in quasi cinque secoli di proprietari, solo alcuni hanno fatto una brutta fine e uno solo fu assassinato dentro il palazzo. Tutti gli altri vissero la loro vita senza particolari eventi strani che non fossero comuni per i tempi nei quali vissero.

Ca’ Dario visse momenti ed eventi prestigiosi degni della sua straordinaria storia e bellezza.

Al contrario i sostenitori della veridicità della maledizione hanno travisato molti avvenimenti e hanno formulato diverse ipotesi nel tentativo di dare una spiegazione alla maledizione di Ca’ Dario: dal cimitero dei templari sotto il Palazzo fino a scoprire un Talismano mistico.

Si dice infatti che nel Palazzo a fiano, palazzo Barbaro Wolkoff, nel cui ultimo piano nel 1894 soggiornò Eleonora Duse, il portone acqueo, cioè quello che dà sul Canal Grande, sia sormontato da una specie di Talismano che allontanerebbe tutte le maledizioni da sé e le convoglierebbe sull’edificio adiacente: Ca’ Dario appunto!

Il tutto condito con varie storie di spiriti e fantasmi che abiterebbero nel Palazzo, tra i quali, quelli degli sventurati proprietari.

Ca' Dario con vicino il Palazzo Barbaro Wolkoff

Nessuna, ovviamente, è stata confermata e quindi a questi sostenitori non è rimasto altro che sostenere che chiunque lo abbia visitato, o anche solo guardato, assicura di aver provato uno strano senso di inquietudine.

Anch’io quando ci passo davanti in vaporetto provo una immensa inquietudine…quella che deriva dal timore di vedere questo splendido Palazzo dei Dario diventare l’ennesimo albergo a cinque stelle!